Questa estate, durante il mio viaggio in camper per il tour della Danimarca, non ho potuto fare a meno di “fare un salto” in Svezia per visitare il Museo di Ikea. Avevo letto molte recensioni su questo piccolo museo, tutte molto positive e quindi avevo la curiosità di visitarlo per comprendere il segreto di questo brand di successo e soprattutto del suo fondatore, Ingvar Kamprad.
La visita guidata inizia con il racconto della realtà economico e sociale della Svezia ma in particolare della regione dello Småland che negli anni ’20 e ’30 si presenta come una realtà agricola molto povera, fatta di persone dedite al lavoro duro ma con una spiccata creatività. Non avendo possibilità economiche infatti, ci si ingegna per costruire/produrre tutto quello che non ci si può permettere. In una realtà simile il piccolo Ingvar, a soli 5 anni, manifesta il suo spirito imprenditoriale, vendendo fiammiferi per passare poi a decorazioni natalizie e matite.
Ma la vera avventura inizia a 17 anni quando il padre, come premio per gli ottimi voti scolastici, gli regala una piccola somma di denaro. Con questo “investimento” nasce la società IKEA:
I (Ingvar) K (Kamprad) E (Elmtaryd, la fattoria di famiglia) A (Agunnaryd, il villaggio dove viveva).
Inizialmente vende soprattutto orologi, calze di nylon e cornici, attraverso il sistema postale. Nel 1947 invece, comincia a dedicarsi all’arredamento, rivendendo i mobili realizzati dai falegnami locali. Figlio di un guardaboschi e quindi da sempre interessato al legname, nel 1950 si dedica lui stesso a parte della progettazione. Comincia con una sedia, una poltrona e un tavolino basso, fatti costruire in una falegnameria vicino a casa e messi in vendita a un prezzo del 30% inferiore rispetto al mercato. Nel 1951 sviluppa il suo primo segno distintivo: il catalogo, 16 pagine con illustrazioni dei vari prodotti disponibili.
Solo dopo due anni, nel 1953, intuisce che le persone hanno la necessità di “vedere” i prodotti. Compra così degli edifici abbandonati ed apre un piccolo punto-vendita dove i clienti vengono accolti con un caffè e un panino: «Nessuno compra mobili se ha la pancia vuota», scriverà nella sua autobiografia «La storia dell’Ikea, uscita nel 1998. Ma la vera scalata verso il successo inizia 1958 quando Ingvar Kamprad apre il suo primo Ikea Store in Almhult.
Ma ripercorriamo velocemente i decenni dagli anni 60 ad oggi. Gli anni ’60 furono caratterizzati da due eventi importanti. Da una parte il giovane Ingvar attira le inimicizie degli industriali del legno svedesi che attuano un boicottaggio nei suoi confronti costringendolo a ricercare nuovi materiali e manifatture all’estero. Dall’altra una geniale intuizione: la vendita “self service” di mobili da assemblare autonomamente a casa, ed un packaging più piatto al fine di minimizzare i costi di produzione e trasporto.
Negli anni ’70 la crisi del petrolio determina una recessione economica, la gente comincia a comprare prodotti di seconda mano e questo stimola l’uso di materiali semplici. Anche in questo momento di difficoltà Ikea trova soluzioni che la caratterizzano rispetto alle aziende concorrenti. Sostituisce al legno il più economico truciolato. Inoltre, gli interior designer suggeriscono di presentare gli arredi all’interno di ambienti realistici e Ikea diventa leader nel mostrare prodotti e soluzioni in differenti situazioni di vita.
Negli anni ’80 l’economia occidentale cresce e c’è un rinnovato interesse per il design. Come reazione all’anti-consumismo degli anni ’70 la gente cerca di esprimere la propria personalità attraverso accessori costosi e ricercati. L’espressione di leggerezza scandinava è in contrasto con l’individualismo sfrenato e per gestire al meglio la situazione Ikea decide di svolgere indagini precise per meglio comprendere i bisogni e i sogni dei consumatori.
Negli anni ’90, con l’avvento del pc cambia lo stile di vita e molte persone passano molto più tempo tra le pareti domestiche. Di conseguenza la casa è vista come un rifugio. Lo stile scandinavo torna ad essere popolare. Al salone del mobile di Milano, Ikea lancia la prima PS collection ed introduce lo slogan “Democratic Design” per sottolineare il modo unico di Ikea di lavorare con il design.
Di nuovo il legno massello diviene un prodotto di design importante in quanto naturale, riciclabile e con un minimo impatto ambientale. Sempre in questi anni Ikea introduce un’altra novità all’interno dei propri store, il Ristorante, dove famiglie intere vivono la nuova dimensione dello shopping.
Nella prima decade degli anni 2000 l’economia è in crescita e si fanno sempre più investimenti all’interno delle case. La cucina torna ad essere il cuore della casa, è un luogo per raccogliere, cucinare, mangiare e socializzare. Le camere da letto vengono presentate non solo come un luogo per dormire e riposare, ma anche un paradiso di relax. I bagni vengono trasformati in terme domestiche. Per portare sempre luminosità e freschezza, il bianco è il colore preferito nelle stanze, simbolo di luminosità e freschezza. Ma per aggiungere carattere all’ambiente, Ikea punta sui tessuti colorati, individuando così un nuovo focus strategico.
Arriviamo ai giorni nostri. Durante il 2010 la globalizzazione porta molti cambiamenti e temi di discussione: Immigrazione, sicurezza nazionale, disuguaglianza sociale, terrorismo, eventi climatici estremi. Ikea punta alla sostenibilità promuovendo il concetto di People & Planet Positive per stimolare milioni di persone a vivere una vita più sostenibile in casa, attraverso l’uso efficiente dell’acqua, dell’energia e la diminuzione degli scarti.
Per concludere, marchio distintivo della produzione Ikea è sempre stato la volontà di creare prodotti – funzionali, di qualità, di design e sostenibili – che siano a basso prezzo e quindi accessibili a tutti. Per raggiungere questo risultato la parola chiave è risparmio, tagliare tutti i costi superflui e non sprecare nulla.
E Ingvar ha fatto suo questo concetto «Se cominciassi a comprare cose lussuose, non farei altro che incitare gli altri a fare lo stesso. È importante che i leader diano un esempio. Sto attento alle spese che faccio per me e mi chiedo se anche i clienti di IKEA se le possano permettere».
E vi lascio con un ultimo messaggio del nostro Ingvar: